I processi che stanno alla base della trasmissione della cultura contemporanea sono stati profondamente influenzati dall'introduzione dei nuovi mezzi di informazione e comunicazione, sempre più presenti e sempre più facenti parte della nostra quotidianità. Essi hanno avuto effetti sempre più evidenti sulle dinamiche della politica, del lavoro e del divertimento. Con buona pace degli apocalittici, non possiamo non condividere che la dimensione cibernetica fa ormai parte della nostra vita quotidiana e andando ad incidere su tutti i livelli della vita civile fa nascere la necessità di indagare meglio sugli effetti che le nuove tecnologie comportano rispetto alle dinamiche sociali e ai comportamenti quotidiani.

Quali allora gli effetti che l'introduzione dei nuovi strumenti tecnologici ha sulle modalità di apprendimento dell'essere umano? I nuovi media serviranno solo come acceleratori dei vecchi metodi educativi oppure determineranno una ridefinizione delle metodologie di trasmissione del sapere, in un contesto di uomo nuovo con differenti caratteristiche intellettuali e culturali?

Partiamo da una considerazione personale che però sembra ora opportuno mettere in discussione. La convinzione di chi scrive è che gli individui e le persone difficilmente si possono controllare e definire. È sicuramente una necessità epistemologica dare una descrizione della realtà attraverso l'utilizzo di teorie, più o meno sostenute da osservazioni e dalla logica. Due sono i metodi che la metodologia delle scienze utilizza: si può partire dall'osservazione del particolare per arrivare alla definizione di una teoria, metodo induttivista, o si può partire da una tesi e cercare nell'osservazione della realtà la conferma delle proprie ipotesi, metodo deduttivista. In tutti e due casi però, chi porta avanti una ricerca deve tener conto della possibilità che la sua idea venga smentita da una nuova idea o venga falsificata da una osservazione successiva. Per quanto accurato e approfondito possa essere lo studio, il numero di osservazioni non sarà mai sufficiente a coprire il numero di osservazioni possibili su un determinato oggetto di ricerca. Questa considerazione diventa ancora più significativa quando si parla di scienze sociali, cioè di quelle discipline che si occupano dello studio dell'evoluzione della cultura e degli eventi che comportano i cambiamenti sociali e culturali.

Siamo d'accordo con Popper quando sottolinea l'esigenza che, quando ci si interessa alle scienze sociali si deve considerare che le azioni intenzionali dell'uomo comportano delle conseguenze inintenzionali che non possono essere controllate da chi ha avviato l'azione. Facciamo un esempio: Guttenberg inventa la stampa. Essa libera la cultura, che si estende alla massa e a persone per cui l'accesso alle informazioni ed alla conoscenza era prima difficile, se non impossibile; nasce l'individualismo culturale, poiché, con la stampa la lettura da fatto pubblico diventa essenzialmente privato. Viene favorito lo studio personale e parallelamente l'introspezione e l'interiorità, già alimentate dalla scrittura, ma che con la stampa e con l'allargamento del sapere alla massa vengono amplificate e stimolate. Da questo nuovo modo di identificare se stessi nell'ambiente è nata intono al XVII sec. una nuova forma letteraria, a noi uomini tipografici ed elettronici molto familiare, ma fino ad allora sconosciuta: il diario. Pensate che Guttenberg, quando armeggiava nella sua officina con il piombo e il torchio, pensasse a scrivere un diario o che qualcuno potesse pensare di scrivere un diario? Questa osservazione può apparire banale, ma suona come un campanello d'allarme per chi pretende di descrivere e indagare le manifestazioni umane ingabbiandole in teorie fisse, che hanno la pretesa di spiegare i mutamenti e le dinamiche cognitive e comportamentali con l'elaborazione di leggi sociologiche o psicologiche onnicomprensive.

Abbiamo voluto fare questa breve digressione epistemologica e metodologica perché ci apprestiamo a riportare delle teorie che tentano di analizzare gli effetti che l'introduzione delle nuove tecnologie dell'informazione ha sui comportamenti umani e sulle dinamiche di apprendimento di ogni singolo individuo. Vogliamo inoltre rivolgerci a coloro che all'interno della nostra società hanno compiti educativi, quindi agli insegnanti, alle ludotecarie e a coloro che portano avanti ricerca che si interessa della formazione e dell'educazione degli altri esseri umani. Non esiste una legge per educare, così come non esiste l'educazione perfetta, magari aiutata da strumenti tecnologici strabilianti e risolutivi, ma esistono gli individui e le loro reazioni agli strumenti e alle sollecitazioni ai quali vengono sottoposti, imprevedibili e sempre più individuali in questa era di "oralità secondaria", dove la specializzazione e la pluralizzazione del sapere non consentono di adottare metodologie uniche e rigide: pena la estemporaneità del metodo educativo e l'utilizzazione di nuovi strumenti con metodologie vecchie. È inutile nascondersi. Guardiamo la nostra scuola e i metodi con cui vengono utilizzate le nuove tecnologie, quando vengono utilizzate. Ma torneremo dopo sull'argomento con le proposte e l'analisi dei progetti che si interessano dell'introduzione delle nuove tecnologie all'interno delle dinamiche scolastiche.

Proviamo ora ad analizzare i contributi che più ci sono sembrati significativi rispetto all'evoluzione dei modelli cognitivi in relazione all'utilizzo di nuovi strumenti tecnologici, tralasciando quella che è stata l'evoluzione delle ricerche sui modelli cognitivi precedenti alla rivoluzione elettronica, poiché una storia delle metodologie educative maturate dai diversi modi di considerare il modo di apprendere e formarsi è un lavoro che richiederebbe molto lavoro storiografico e critico. Ci concentreremo, dunque, su quelli che sono le ipotesi e gli studi dei modelli cognitivi che più hanno condizionato la didattica e l'educazione contemporanea.

Partiamo dalla prima teoria che fa riferimento all'applicazione delle macchine e delle tecnologie alla didattica e alla formazione. L'idea a cui facciamo riferimento è quella di Skinner che nel 1954 pubblica un articolo sulla Harvard Education Review dal titolo "The science of learning and the art of teaching" in cui descrive un parallelismo tra gli studi di laboratorio relativi alle modifiche indotte nel comportamento animale e le possibili migliorie da applicare ai metodi educativi allora in uso. Anche se forse non aveva intenzione, il suo articolo diede l'avvio ad una serie di studi che mise al centro dell'attenzione "l'istruzione programmata e l'impiego delle macchine nei processi di apprendimento". Nacque praticamente allora l'Educational technology, un nuovo settore disciplinare che prese il nome dall'esperienza anglosassone che per prima e più decisamente credette in questa nuova disciplina.

La serie di studi successivi alla pubblicazione di Skinner e la teoria che ne scaturì fu definita "comportamentismo". Espressioni come "il pensiero dell'uomo è il comportamento dell'uomo" ed ancora "il pensiero di Giulio Cesare era semplicemente la somma totale delle sue risposte al complesso mondo in cui viveva"1 fanno intuire quale è la tesi che sta alla base degli sviluppi del comportamentismo. "L'apprendimento umano, inteso come induzione di comportamenti desiderati, può essere favorito attraverso il rinforzo positivo"; la molla principale dell'apprendimento è rappresentata cioè dalle conseguenze positive delle nostre azioni. Anche se deriva dagli studi sul comportamento animale, il comportamentismo considera la differenza che passa tra condizionamenti in un tipo di apprendimento elementare e attività intellettuali astratte e complesse; esso considera il condizionamento come un fattore del comportamento umano che può interagire con l'attività intellettuale affermando che, quando vi sia la conoscenza delle condizioni che determinano una condotta, questa "può essere liberamente utilizzata dall'uomo per le proprie finalità"2.

Quasi subito arrivarono le critiche che ponevano l'accento sui processi interni che stavano dietro all'apprendimento. Crowder3 nel 1960, in risposta alle teorie dei comportamentisti, sottolinea che "l'apprendimento ha luogo in diversi modi e che questi cambino secondo le capacità e le conoscenze dei diversi studenti, la natura dell'argomento, il numero di interazioni fra queste cause di mutamento ed altre cause di variabilità che neppure conosciamo". A questa voce farà eco poi Gagnè che rappresenterà il sapere strutturalmente ponendo le basi "per individuare stadi progressivi nel processo di apprendimento"4.

Questi interventi svilupparono un nuovo approccio alla psicologia dell'apprendimento, in chiara opposizione al comportamentismo, detto approccio cognitivista. Il cognitivismo sottolinea l'importanza dei processi interni nell'apprendimento, ponendo l'accento sul fatto che gli educatori debbano non solo tener conto del raggiungimento degli obiettivi didattici ma anche dei fattori cognitivi che ne determinano il raggiungimento.

Un particolare aspetto del cognitivismo fu il costruttivismo, secondo cui l'apprendimento non si risolve nel travaso del sapere dalla mente del docente a quello dell'allievo, ma attraverso uno studio ed una ricerca sugli atteggiamenti e gli stati mentali del soggetto che riceve le informazioni.

Uno dei padri del costruttivismo è Jean Piaget. I suoi studi sugli stadi dello sviluppo cognitivo e dei conflitti cognitivi per la costruzione/ristrutturazione della conoscenza, sono alla base dei principali aspetti del costruttivismo. Analizziamo meglio quali sono le caratteristiche dell'apprendimento secondo i costruttivisti servendoci della descrizione sintetica che ce ne dà Merril nel suo "Constructivism and Instructional design"5. Secondo Merril il sapere è una "costruzione personale", nel senso che non esiste più un sapere oggettivo e sovrapersonale, ma ciascuno di noi si costruisce il proprio sapere attraverso la propria esperienza personale e quindi attraverso i suoi interessi. Altra idea caratteristica è che l'apprendimento è "attivo" e l'educatore deve fungere da stimolo e guida allo studente e non da dominatore della materia con il compito di trasmettere la sua conoscenza agli allievi. L'apprendimento, inoltre, è non solo attivo ma "collaborativo", in quanto nasce dall'interazione con gli altri, costruendo il sapere attraverso il confronto fra "prospettive differenti"6.

Quest'ultimo aspetto rivela quindi un altro fattore determinante nell'apprendimento: l'"importanza del contesto". Appare per la prima volta il termine "situated learning", indicativo di un apprendimento che si situa nel contesto, non oggettivo ma soggettivo ed immerso in particolari riferimenti dettati dalla "comunità di pratica"7, la comunità cioè che si occupa di quella particolare conoscenza. Anche la valutazione dovrebbe essere "intrinseca", cioè integrata con il processo di costruzione della propria conoscenza e non separata dal processo di apprendimento. A dire il vero la teoria sull'apprendimento collaborativo ha denotato a livello pratico alcune distanze tra le ipotesi teoriche e le applicazioni pratiche, essendo stato dimostrato da alcuni ricercatori che se per alcune esperienze è evidente "l'importanza del ruolo della discussione e della negoziazione internamente al gruppo, in altri casi hanno dimostrato la loro inessenzialità"8.

Altro contributo costruttivista è quello dovuto alla teoria della "flessibilità cognitiva"9 di Spiro, che evidenzia come, nel caso di contenuti complessi e irregolari, c'è necessità di accedere alla conoscenza da prospettive concettuali e situazionali diverse, acquistando la flessibilità adatta per costruire la risposta ai quesiti che si presentano.

Abbiamo dunque tracciato un rapido quadro di quelle che sono le teorie più recenti circa le modalità di apprendimento e lo sviluppo dei modelli cognitivi. E' ora, dunque, di entrare un po' più approfonditamente su quelle che sono le caratteristiche della "educational technology" e i cambiamenti che l'introduzione delle nuove tecnologie indubbiamente comporterà nei modi di apprendere ed insegnare.

Vogliamo inoltre sottolineare ancora una volta come i nuovi media portino ad un cambio di cultura e come attualmente la "riscoperta dei sensi", che la scrittura e la stampa avevano ridotto al solo elemento visivo nell'apprendimento, comporti una rivoluzione che investe il modo di apprendere e utilizzare il sapere di ognuno di noi, e che quindi chiunque faccia educazione e formazione non può sottrarsi dal considerare.

 

 

[1] Hilgard E.R.-Bower G.H., Theories of learning, Appleton Century Crofts, New York, 1966, in Giorgio Olimpo (ed.), Nascita e sviluppi delle Tecnologie didattiche, Istituto Tecnologie didattiche
[2] ibidem
[3] N. Crowder, Automatic Tutoring by Intrinsic Programming, in Lumsdale A.A. and Glaser R. (eds), Teaching Machines and Programmed learning, N.E.A. Washington, 1960, in Olimpo G., cit.
[4] Gagnè R. M., The conditions of learning, Holt, Rinehart & Winston, London 1970, in Olimpo, cit.
[5] Merril M.D., Constructivism and Instructional, in Educational Technology, vol.31 n. 5, in Olimpo, cit.
[6] Merril M.D., cit.
[7] ibidem
[8] Olimpo G., cit.
[9] ibidem