L'attuale sviluppo degli strumenti di comunicazione ha aperto un nuovo mondo, il "cyberspazio". In esso la comunicazione tra gli individui e la maniera in cui ci si scambiano le informazioni sta mutando velocemente. È nato un modo nuovo di comunicare che come per ogni rivoluzione della comunicazione sta influenzando la cultura, investendo con il suo cambiamento tutti gli aspetti della vita umana. Cambia il modo di trasmettere il sapere, cambia, di conseguenza, il rapporto con il sapere.

Nel mondo della comunicazione "una nuova tecnologia non sottrae e non aggiunge nulla: cambia tutto". Questa espressione provocatoria, coniata da Neil Postman, ha intenzione di sottolineare il valore e l'influenza che il cambiamento del modo di trasmettere e di accedere alle informazioni ha sulle caratteristiche di una cultura. La rivoluzione elettronica non è sfuggita a questa tesi, avendo significato la completa ridefinizione degli spazi e dei tempi dell'informazione e di conseguenza degli individui.

L'informazione e la comunicazione sono ora istantanee.

La comunicazione mai come oggi è di massa. La possibilità di accesso alle informazioni è profondamente accresciuta, sia in termini di varietà di mezzi, sia in termini di numero possibile di informazioni reperibili. La possibilità offerta dallo sviluppo e dalla diffusione dei computer di reperire, selezionare e immagazzinare un numero molto grande di dati e di informazioni ha consentito di pluralizzare e diversificare le opinioni dando soprattutto possibilità alle idee di essere confrontate e discusse. Altro discorso è quello legato alla qualità dell'informazione e alla possibilità di accesso a certi tipi di informazione.

L'avvento dei media elettronici ha cambiato le modalità di lettura e scrittura, ha rimodellato il sensorio della collettività, aprendo nuovi spazi per l'economia, la cultura e la politica.

Ma procediamo con calma. La rivoluzione elettronica ha permesso da un punto di vista pratico il distacco dell'informazione dalla fonte; questo distacco era già avvenuto con la scrittura e si era allargato alla massa con la diffusione dei libri stampati, ma è solo con la rivoluzione del telegrafo che l'informazione si stacca dalla materialità della carta e velocemente esercita tutto il suo potere sui comportamenti, gli atteggiamenti e le sensibilità degli individui.

Nel mondo elettrico ed elettronico l'informazione diventa la risorsa più preziosa. I mass media diventano uno degli strumenti più efficaci per educare e formare le culture, il controllo del mezzo di informazione è la chiave per detenere il potere politico ed economico. Le coscienze degli uomini cambiano in virtù dei messaggi che ricevono e la crescita è spesso per emulazione e imitazione dei modelli che ci vengono dalle fonti di informazione. Un paradosso che lo sviluppo dei mass media porta con sé è proprio questo: da un lato i mass media elettronici permettono la diffusione della cultura e l'accelerazione di tutte le dinamiche sociali ed economiche, diffondendo a tutti informazioni e possibilità; al contempo diventano strumento di manipolazione e controllo sociale. Quali le prospettive nella società multimediale, surriscaldata e in frastornante trasformazione? Nuovi strumenti, nuovi poteri e nuovi conflitti? O piuttosto nuovi strumenti possono significare nuove culture e nuove convivenze ispirate allo stare insieme pacificamente?

Lasciamo per un attimo il discorso relativo ai contenuti dell'informazione e all'influenza che esercitano sugli individui e proviamo a guardare più in profondità cosa è accaduto rispetto agli strumenti di comunicazione che hanno caratterizzato l'era elettronica. Partiamo da quelli che sembrano aver maggiormente segnato il passaggio definitivo dalla cultura tipografica a quella multimediale: gli apparecchi audiovisivi ed il computer.

La televisione è stato ed è uno strumento potentissimo di informazione e quindi di potere. Il dibattito su queste caratteristiche della televisione è ancora attualissimo ed interessa sia i poteri che hanno accesso al controllo del mezzo televisivo, sia i messaggi e le informazioni che vengono prodotte. Molti infatti tra gli epistemologi, i filosofi e gli studiosi della comunicazione hanno denunciato l'uso strumentale che i centri del potere politico ed economico hanno fatto dei mezzi di informazione di massa.

Karl Popper, ad esempio, in un suo intervento alla Camera dei Lords inglese, nel sottolineare la mancanza di contenuti educativi dei programmi televisivi e nel denunciare la violenza alla quale la televisione abituava i telespettatori, la definì "cattiva maestra". La televisione è stata spesso vista come la nemica per eccellenza del pensiero critico, poiché essa parla "al corpo e non alla mente"1. La televisione è stata considerata capace di trascinare lo spettatore da un'immagine all'altra, non lasciando il tempo a chi la guarda di adoperare una decodifica interiore e una critica dei messaggi che riceve dallo schermo. Inoltre la televisione non è una finestra sul mondo, ma "sul consumatore"2.

Il mezzo televisivo è entrato profondamente nella vita dell'individuo, nella società e nella politica tanto che qualcuno ha provocatoriamente lanciato l'allarme dell'avvento della telecrazia, di un sistema politico ed economico, cioè, che attraverso la manipolazione delle informazioni ed il controllo dei mezzi di comunicazione di massa esercita il proprio potere sull'opinione pubblica, sempre più collettiva e sempre meno individuale e libera.

Noi non siamo così apocalittici, credendo che la televisione abbia contribuito anche a diffondere buone idee, oltre che aprire nuovi confini ed accendere i riflettori su situazioni, che vuoi per ragioni geografiche, vuoi per ragioni culturali rimanevano nascoste o dimenticate. Riteniamo però che il controllo dell'attendibilità e della veridicità delle fonti è una garanzia necessaria di libertà, soprattutto in un mondo in cui l'informazione è al centro della dinamica sociale.

L'educazione e la formazione servono proprio ad evitare tali storture nell'equilibrio tra gli individui. Con l'avvento del computer e delle nuove tecnologie di comunicazione poi la comunicazione ha subito un altro cambio di caratteristiche, trasformandosi da comunicazione unidirezionale, da uno a molti, come accadeva per la TV, a "pluridirezionale tra molti e molti"3.

Ciò non significa che la rivoluzione informatica e cibernetica ha eliminato i vecchi media. Si assiste però ad un "epocale processo di crisi e di integrazione con il sistema delle telecomunicazioni"4, degli strumenti di comunicazione tradizionali dell'epoca elettronica e cioè grande stampa e mezzi audiovisivi. A testimonianza di ciò basta osservare il grande interesse con cui la finanza e l'imprenditoria guardano allo sviluppo della telematica e a sistemi che integrino mezzi tradizionali ed innovativi di comunicazione.

Ci si muove infatti verso un contesto in cui i diversi mezzi di informazione si integreranno e compenetreranno sempre di più, guidati in questo processo dagli sviluppi della microelettronica e dell'informatica applicata alle telecomunicazioni. Multimedialità, interattività, ipertestualità e virtualità sono i nuovi termini che ormai entrano nei linguaggi e che nel lessico di alcuni "integrati" hanno già fatto posto ad altri termini come ipermedialità o ipertestualità collaborativa.

Rispetto a queste nuove realtà, noi ci accostiamo con diffidenza restandone al contempo affascinati, spaventati dai nomi, dai codici, dai numeri e dalla nostra formazione così lontana dalle logiche della moderna comunicazione. Differente invece è l'atteggiamento dei più giovani e dei bambini, più elastici e più abituati agli stimoli che gli vengono da questa "oralità secondaria", come la chiama Walter Ong, in cui l'occhio ha fatto di nuovo spazio all'orecchio e agli altri sensi, in una realtà che vede l'uomo trasformarsi da essere monomediale, formato ed educato dalle parole stampate sui libri, ad essere multimediale, sollecitato in tutti i sensi dalla pluralità di mezzi di comunicazione e dalle tecnologie dell'informazione che sempre più "amplificano, esteriorizzano e modificano un gran numero di funzioni conoscitive umane"5.

 

 

[1] Derrick De Kerckhove, Brainframes. Mente, Tecnologia, Mercato, Bologna, Baskerville, 1993, p. 53
[2] ibidem
[3] Antonio Abbruzzese, Analfabeti di tutto il mondo uniamoci, Genova, Costa e Nolan, 1996
[4] ibidem
[5] Pierre Lévy, La cybercultura e l'educazione, "TD"