Succederà come nel passaggio dalla cultura chirografica a quella tipografica quando i libri scritti a mano scomparvero soppiantati dalla praticità e dalla forza del libro stampato, oppure il libro resisterà agli attacchi mossigli dai nuovi media, partendo dalla radio e dalla televisione fino ai videogiochi e agli ipertesti?

La risposta non è sicuramente facile. Si è avuta una fase storica fino agli inizi del 1900 in cui l'analfabetismo era la condizione comune; successivamente, una volta raggiunta l'istruzione di massa, si è passati ad un periodo definito di "aletteratismo"1 in cui le persone non leggono più, stordite da troppi altri messaggi e da troppi altri mezzi di comunicazione più immediati del libro e sicuramente meno impegnativi dal punto di vista dello sforzo intellettuale.

Questa considerazione può essere condivisa fino ad un certo punto.

Lo sviluppo della radio, della televisione e degli altri strumenti di comunicazione e di diffusione delle informazioni ha contribuito sicuramente a far perdere al libro il primato ed il monopolio della trasmissione del sapere. Ora il libro stampato è in una fase in cui deve sicuramente ridisegnare il suo spazio, aumentando il proprio potere attrattivo, ma in un percorso di affiancamento con le altre forme di comunicazione, cercando e conservando il fascino che indubbiamente susciterà sempre.

Uno degli strumenti che dal libro trae le sue origini, ma che per molti è lo strumento che può segnare la fine dei vecchi libri stampati, è l'ipertesto. Per definire questo concetto, ormai comune nella cultura informazionale, ci serviremo dell'esempio del suo illustre predecessore: il "vecchio" libro è già una sorta di ipertesto, con le note e i rimandi ad altri testi.

Su questa premessa si è sviluppata l'idea di ipertesto: in sostanza, è un modo di organizzare le informazioni, in maniera che la lettura possa essere non solo sequenziale ma anche personalizzata, attraverso i rimandi e i links che il lettore di volta in volta stabilisce di creare, compatibilmente con le finestre e le vie che l'autore dell'ipertesto, in un certo senso, suggerisce.

Il primo tentativo di ipertesto fu quello portato avanti da Vannever Bush negli anni ' 40, il cui progetto era quello di creare una macchina, MEMEX, per permettere il rapido collegamento tra l'informazione contenuta in documenti diversi2. Il termine ipertesto è stato però coniato, intorno agli anni ' 60, da T.H. Nelson nell'ambito di un progetto chiamato XANADU volto a rendere disponibile e a raccogliere tutta l'informazione testuale presente. Il progetto di Nelson fu messo da parte anche se si deve segnalare un progetto italiano, il "Progetto Nelson", che dello studioso riprende non solo il nome ma anche l'ispirazione: presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Trieste, nell'ambito dell'attività del "Laboratorio per lo studio della comunicazione Multimediale e Telematica" è stato creato un software, chiamato appunto "Progetto Nelson"3, che permette l'interattività reale sulle pagine Web riportando INTERNET alla funzione che ne ha ispirato la creazione e cioè la ricerca e la collaborazione nella formazione del sapere. Ma proviamo a capire meglio di cosa si tratta: "Progetto Nelson" è un software che permette di scrivere sulle pagine Web anche senza l'autore del testo. Se una pagina viene messa in rete con questo sistema, le si può fare un commento, vi si può aggiungere il proprio indirizzo di posta e, cosa che apre le porte all'idea di "ipertesto collaborativo"4, vi si può scrivere sopra, creando una propria pagina o scrivendo tra le righe della pagina che abbiamo aperto, suggerendo altri links o lasciando proprie considerazioni. Immaginate gli sviluppi che potrebbe avere dal punto di vista delle ricerche e della formazione. Potremo studiare insieme agli australiani o scrivere canzoni insieme ai cinesi. Pensiamo all'impulso che ne riceverebbe la teledidattica.

Gli ipertesti sono ormai definiti "ipermedia".

Con la diffusione di ambienti software come Toolbook, Linkway, Superlink, Hypercard, Director l'autore può creare il suo "stack" (libro) composto da un certo numero di pagine (schede) e riempirlo a piacere di grafica, suoni, video, testi e lasciare dei pulsanti o delle parole cosiddette calde che rimandano ad altre schede o a siti Internet. Ogni parte dello stack è programmabile in maniera tale che nel caso di certi eventi (ad esempio movimenti del mouse) si hanno collegamenti ad immagini, a video o ad altre parti del testo: una serie di collegamenti che si possono infittire a piacimento, dando a questo strumento una forte caratterizzazione di interattività tra il mezzo ed il lettore.

Interessante è poi sottolineare l'impiego che può avere soprattutto in termini didattici: gli ipermedia sembrano l'ideale per creare quell'interdisciplinarità che spesso manca ai corsi di studio e ai metodi di formazione ora presenti.

Il computer ha una grande peculiarità: "è uno strumento per produrre e, al contempo, mezzo per fruire di ciò che si produce, mentre lo si produce"5. È una caratteristica questa che ha permesso ai computer e agli ipertesti di trovare applicazione in molte scuole. L'idea è quella di far produrre ai ragazzi l'ipertesto seguendoli nella progettazione, programmazione, realizzazione e controllo di quello che sarà il prodotto.

Superate le resistenze alla tentazione da parte del docente di sostituirsi ai ragazzi, spostando la sua attenzione più sul prodotto da realizzare che sul processo di realizzazione, crediamo che questi tipi di prodotti possano avere una buona riuscita ed una buona funzione formativa ed educativa6.

 

 

[1] Neil Postman, Provocazioni, Roma, Armando, 1989, cit., in Baldini
[2] Maria Ferraris e Maria Diquattro, Fare con il computer, Istituto Tecnologie Didattiche, contributo reperito sul sito www.itd.ge.cnr.it
[3] Federico Ziberna, Ipertesti anno zero, dal sito del mensile "Internet News", maggio 1998
[4] ibidem
[5] ibidem
[6] Per una analisi più completa delle iniziative presentate e realizzate si consiglia di visitare il sito www.Itd.ge.cnr.it