La rilevanza macroeconomica del Telelavoro in Europa e in Italia


Secondo le stime dell’ETD(European Telework Development), i telelavoratori nei paesi dell’Unione Europea ammonterebbero a quattro milioni di persone nel 1998 (con un tasso di crescita in termini di occupati che supera il 150% se riferito al 1994). Il paese con il maggior numero di telelavoratori risulta essere la Germania, dove telelavorano 875 mila persone, pari al 2.45% degli occupati. L’Italia si trova al settimo posto tra i paesi europei con un numero di 248 mila telelavoratori, pari all’1.23% degli occupati.

Stima del numero dei telelavoratori in Europa e in Italia
Countries 1997 % 1994 %
Austria 88.35 2.70 8 0.24
Belgium(*) 158.00 3.97 19 0.48
Denmark 140.89 5.45 10 0.39
Finland 349.56 14.56 60 2.50
France 315.67 1.43 215 0.98
Germany (**) 875.50 2.40 149 0.41
Greece 29.07 0.79 17 0.46
Ireland 18.26 2.22 15 1.82
Italy 248.08 1.23 97 0.46
Netherlands 315.26 4.81 80 1.22
Portugal 48.99 1.09 25 0.55
Spain 155.26 1.25 101 0.81
Sweden 229.17 6.91 125 3.77
UK 869.19 3.39 563 2.20
Total 3841.24 2.55 1484 1.00
(*) Stima della Free University of Brussels, 1998
(**) Dato Ministero del Lavoro Federale, 1997
Fonte: Stime ETD - Italia, 1998
NB: Dati in migliaia, percentuali espresse in rapporto agli occupati

In Italia opera circa il 6% dei telelavoratori europei, mentre Germania e Regno Unito considerati insieme registrano la presenza di quasi la metà dei telelavoratori europei.

La Danimarca è la nazione che presenta il più alto asso di crescita nel numero di telelavoratori, seguita in ordine da Austria, Belgio, Germania e Finlandia. La situazione della Finlandia è particolarmente felice sia per quanto riguarda il numero di computer sul territorio nazionale, sia per il numero di host collegati ad Internet che per il numero di telelavoratori presenti. Questa predisposizione favorevole nei confronti delle nuove tecnologie e del telelavoro si riscontra, anche se in misura ridotta rispetto alla situazione della Finlandia, in tutti i paesi scandinavi. Probabilmente alla base del fenomeno vi è una predisposizione culturale a livello di policy makers oltre che una situazione orografica dell’area che rende particolarmente difficile il trasferimento fisico da una zona all’altra dei singoli paesi.

Emergono come peculiari anche i quadri di Spagna e Italia. A fronte di un numero di host sul territorio nazionale che è il più basso tra i paesi industrializzati, questi paesi si collocano in testa alla classifica dei paesi con più alto numero di pagine Web (da non confondere con i siti). L’Italia è terza in Europa dopo Germania, Gran Bretagna e Francia, con un numero di pagine che sono salite dalle 320 mila del gennaio 1996 ai 2 milioni e 875mila del luglio 1997. I paesi con forte presenza di piccole e medie imprese presentano anche il più alto rapporto pagine Web/Host perché queste trovano conveniente appoggiarsi ad host di terzi per essere presenti sulla rete. Le imprese europee ed italiane in particolare stanno entrando in Internet attraverso lo strumento del Word Wide Web, ma siamo ancora lontani dalla consapevolezza nell’uso del mezzo e soprattutto non c’è coscienza di Internet come strumento attraverso il quale è possibile realizzare telelavoro.

In un campione di 317 PMI e istituzioni (scuole, università, musei, biblioteche, pubbliche amministrazioni) di sei paesi (Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna, Olanda e Finlandia) che hanno già un sito Web, è emerso che:

  • il 92% percepisce Internet come mezzo adatto alla promozione;
  • il 55% lo definisce adatto alle transazioni economiche;
  • il 45% non lo definisce adatto a questo scopo.

In Italia, la scarsa rilevanza del telelavoro in termini quantitativi rispetto a paesi come Regno Unito, Germania, Olanda è dovuta a molteplici fattori. Uno di questi è la scarsa alfabetizzazione informatica riscontrabile nel tessuto industriale e nelle strutture pubbliche del nostro paese, che si aggiunge alla scarsa conoscenza che imprenditori e pubblici funzionari hanno delle opportunità offerte dal telelavoro.

Da un indagine svolta presso il dipartimento di sociologia dell’Università di Roma "La Sapienza", emerge che su 500 aziende del Lazio intervistate:

  • il 64% degli imprenditori non ha mai sentito parlare di telelavoro;
  • il 28.8% ne ha una vaga conoscenza;
  • il 2.4% lo usa;
  • il 2.2% ha mostrato intenzione di volerlo utilizzare in futuro.

Un dato interessante che emerge da questa ricerca è che l’8% delle imprese laziali sarebbe già pronto, dal punto organizzativo e tecnologico, ad esperimenti di telelavoro, mentre un altro 7% risulta già idoneo ad introdurre questa modalità di lavoro. Un ulteriore limite alla diffusione del telelavoro in Italia deriva dall’arretratezza in cui versano le infrastrutture tecnologiche di supporto a questa modalità di produzione, come ad esempio la velocità di trasmissione dati sulla dorsale della rete telematica italiana, le strozzature presenti a vari livelli nella rete (vi sono Internet Providers che ancora oggi non utilizzano modem del tipo ISDN o che dispongono di canali di trasmissione dedicati con un ampiezza di banda di gran lunga inferiore rispetto al traffico generato dai loro utenti). Al tempo stesso, però, gli sviluppi avvenuti negli ultimi anni nel campo delle telecomunicazioni hanno creato condizioni favorevoli al decollo del telelavoro. Le linee digitali ISDN permettono di trasmettere e ricevere dati a velocità di 128 kbps rispetto ai 33,6 kbps delle linee tradizionali.

I processi di liberalizzazione in atto in alcuni paesi europei (Italia in testa) stanno scardinando i vecchi monopoli sulla proprietà delle reti telefoniche e favoriscono la nascita di nuovi gestori telefonici che offrono servizi e praticano tariffe concorrenziali. La concorrenza che deriva da questo processo di liberalizzazione commerciale esercita effetti benefici sugli utenti finali in termini di riduzione delle tariffe telefoniche e aumento della qualità del servizio.

Il sistema delle telecomunicazioni in Italia presenta ancora pesanti nodi da risolvere al più presto, come quelli legati alla bassa velocità della dorsale telefonica e alla scarsa presenza di linee in fibra ottica, ma il quadro complessivo sembra tendere in positivo. Da qualche anno le imprese possono disporre del c.d. "numeri verdi". Si tratta di numeri telefonici attraverso i quali le aziende possono ricevere delle chiamate dall’esterno facendosi carico dei relativi costi di chiamata. Questi possono essere utilizzati sia dai clienti che dal telelavoratore per contattare a volontà la sede, trovandosi a casa o presso i clienti. I numeri blu, attualmente presentati solo a livello di proposta in Italia, fanno si’ che dopo un certo numero di minuti o di scatti la tariffa della connessione ad un server Internet si appiattisca; ad esempio si paghino solo i primi 15 minuti di connessione e poi la telefonata abbia costo zero. Nel 1997 il Ministero delle Comunicazioni ha proposto una manovra tariffaria che riduce di circa il 50% il costo delle tariffe telefoniche di connessione alla rete da parte di scuole ed utenze residenziali, presentando di fatto una struttura tariffaria competitiva a livello europeo. Sempre nel 1997 i costi dei circuiti dedicati utilizzati dagli Internet Service Provider sono stati ridotti

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